A Laives i giorni successivi alle elezioni sono quelli dell’analisi di un successo Svp per molti versi decisamente sorprendente. Tutti concordi nell’individuare nell’elettorato italiano la chiave decisiva. Per capire meglio questa elezione, allora, forse vale la pena andare al cuore di chi ha curato la campagna elettorale di Giovanni Seppi sull’elettorato italiano. Parliamo di Massimiliano Maglione, professionista molto presente, spesso discusso e indubbiamente efficace (tris di vittorie consecutive per lui a Laives) con la sua omonima agenzia.
Laives è ormai un po’ il suo giardino di casa…
“In effetti – ride – ma onestamente amo questa città. È la terza volta che mi capita di strutturare campagne elettorali a Laives e sono sempre state soddisfazioni. La prima nel 2015 con Christian Bianchi eletto sindaco contro Liliana Di Fede. Fu una sorpresa. Poi il 2020 ancora a supporto di Bianchi con vittoria al primo turno contro Luca Bertolini evitando il ballottaggio dopo anni e infine questa con Giovanni Seppi. Sicuramente la più avvincente”.
Come è nata la vostra collaborazione?
“Ci siamo visti in Centro a Bolzano e ho iniziato ad illustrare a Giovanni le idee che avevo come strategia riuscendo a coinvolgerlo con entusiasmo”.
Ci racconta qualcosa della strategia che non abbiamo visto?
“All’inizio c’era l’idea di strutturare una lista civica di candidati italiani a supporto di Seppi. Poi, però, ci siamo convinti della sua capacità di catalizzare la fiducia oltre i gruppi etnici e abbiamo deciso di puntare tutto sull’unica lista dell’Svp. Era anche più cristallino nei confronti dei cittadini”.
Lei ha mirato dritto all’elettorato italiano?
“Sì, ero convinto ci fosse margine per essere credibili e affidabili. Per questo ho anche costruito un gruppo di lingua italiana che sostenesse convintamente Seppi. Tra loro mi sento di citare e ringraziare Roberto Tata che ha una grandissima esperienza politica dell’amministrazione di Laives. Un medico stimato e di grande levatura umana”.
In quanti avete coordinato le idee della campagna?
“Pochi, bisogna essere capaci di ascoltare tutti e poi tirare le fila in pochi. Per essere più efficaci e decisi. Il pool delle decisioni finali era formato da tre persone. Compreso Seppi, chiaro”.
Perché il claim “Un Sindaco”?
“All’inizio della campagna elettorale il centrodestra era nel pieno della confusione sul candidato da proporre. Abbiamo voluto rimarcare che qui, invece, le idee erano molto chiare. Non solo, Seppi era già tecnicamente il sindaco reggente e abbiamo voluto sottolineare come, tra tutti i candidati, fosse quello con il physique du role per questo ruolo.
Senza dimenticare che lui avrebbe potuto fare solo il sindaco. Chi ci ha voluto leggere una provocazione sessista verso le candidate donne sbaglia oppure è in malafede. Sarebbe stato scorretto moralmente ma anche un messaggio che non fa assolutamente parte del modo di pensare di Seppi. Il giochino di svelare prima il claim con i camion vela e poi il candidato, invece, è un processo pubblicitario abbastanza classico per alzare l’hype”.
Però il simbolo dell’Svp si è visto poco…
“Perché inizialmente volevamo un focus diretto sulla persona di Giovanni. Un occhio di bue esclusivamente sulla sua persona. Non si è nascosto nulla, comunque. Mi pare che l’Svp sia stata molto presente nelle battute finali della campagna elettorale. Lo ha rimarcato lo stesso Bianchi. Questo non ha cambiato il voto di molti italiani. Sapevamo avrebbero scelto la persona”.
Sono stati contenti in Stella Alpina?
“Mi pare abbiano stravinto e senza il voto italiano sarebbe stato impossibile. Potete chiederlo a loro se sono contenti. Penso di sì”.
Cosa ha sbagliato il centrodestra per perdere il sindaco partendo da un vantaggio così ampio?
“Forse c’era troppo nervosismo. Le loro divisioni hanno favorito gli altri. Specie Seppi per l’elettorato che cercava continuità”.
Il turning point?
“Il dibattito pubblico che abbiamo organizzato dove Claudia Furlani si è negata. Tutto il centrodestra si è scagliato contro di me e contro la mia agenzia ma la realtà ha poi dimostrato come il dibattito fosse assolutamente neutro e costruito con onestà intellettuale. Non è possibile non avere onestà intellettuale in quello che fa Seppi perché Giovanni non lo permetterebbe mai. I cittadini lo hanno capito e il centrodestra pensava di colpire Seppi affondando me. I risultati dicono che hanno sbagliato bersaglio, messaggio e atteggiamento”.
E lo scontro etnico durante il ballottaggio?
“Altro autogol a mio parere. Oltretutto anacronistico per un Alto Adige che vogliamo orientato al futuro. Seppi è un candidato davvero mistilingue con una mentalità oltre le divisioni. I laivesotti lo sanno e hanno colto l’incoerenza dell’accusa. Andare a chiedere la compattezza del voto italiano ai partiti di opposizione spesso criticati o sbeffeggiati ironicamente è stato raschiare il fondo.
Gli elettori lo hanno capito. Così come gli altoatesini sanno che Furlani sindaca non avrebbe cambiato una virgola del disagio italiano. Per quello, semmai, bisogna lavorare più duramente a livello provinciale e nazionale. In tutto questo noi continuavamo ad insistere solo sui temi della città e non sulla polemica”.
Avrà avuto momenti di tensione?
“In realtà meno del solito. È stato bello confrontarsi con il mondo tedesco e con chi, magari, guardava con una certa diffidenza l’italiano che parla agli italiani per far votare l’Svp. In questo processo sono nate amicizie preziose”.
Dicono che lei sia molto bravo a scegliersi i candidati da seguire e per quello sia sempre dalla parte giusta a bocce ferme.
“Quando hai il prodotto buono è più facile promuoverlo. Non lo dico io ma la logica. Giovanni oltretutto è una persona molto attenta, un bravo oratore e non si innervosisce praticamente mai. Sono qualità che fanno la differenza in campagna elettorale ma, soprattutto, nel guidare un Comune. Lo ringrazio”.