Home Politica Riforma dell’autonomia: “Qualunque cosa sia, è stata pagata troppo cara”

Riforma dell’autonomia: “Qualunque cosa sia, è stata pagata troppo cara”

by Massimiliano Maglione

La riforma dell’autonomia, fortemente voluta dal presidente Arno Kompatscher, segna profondamente questa sua ultima legislatura. Un progetto partito dieci anni fa come esercizio di partecipazione e condivisione – con tavole rotonde, dibattiti pubblici e la convenzione sull’autonomia – giunge oggi a una fase conclusiva ben diversa: un documento negoziato a porte chiuse nei ministeri romani, con informazioni frammentarie e accessibili solo con difficoltà, anche per i rappresentanti politici altoatesini.

A denunciare questa opacità sono i consiglieri provinciali Verdi Brigitte Foppa, Madeleine Rohrer e Zeno Oberkofler: “L’intera riforma è stata negoziata bypassando le persone. Solo pochissimi cittadini hanno potuto seguire – e ancor meno partecipare – a ciò che è stato deciso. Si tratta di una grave mancanza nel metodo. Il prezzo di questo progetto è stato l’alleanza con post-fascisti e ultradestra”.

Un primo commento al testo, arrivato solo in questi giorni, permette comunque qualche riflessione. “Nella convenzione si era parlato di democratizzazione interna e limiti al potere. In dieci anni si è fatto pochissimo, anzi, alcuni passi sono stati cancellati: i limiti di mandato sono stati revocati, le quote di genere e la democrazia diretta sono state annacquate proprio sul traguardo”, sottolinea la capogruppo Foppa.

Per i Verdi, la nuova riforma torna a concentrare l’attenzione solo sul rapporto Stato-Provincia, dimenticando gli sviluppi della convivenza interna. “Gli unici passi avanti in questo ambito – fanno notare i consiglieri – non li ha fatti il presidente Kompatscher, ma il partner di coalizione Alessandro Urzì. Questo dice molto”.

Sulle competenze e il ruolo della Commissione dei Sei

Nel merito dei contenuti, i Verdi esprimono scetticismo sul trasferimento delle competenze in materia di ambiente e urbanistica. “Non si deve pensare che il decentramento sia automaticamente un bene. Su temi delicati e con possibili conflitti d’interesse, un livello superiore – come lo Stato – può garantire maggiore imparzialità. In più di un caso, è stato proprio lo Stato a tutelare l’ambiente quando la Provincia ha tentennato”.

Preoccupazione anche per il nuovo articolo 107, che secondo i Verdi “stravolge il rapporto tra Statuto e norme di attuazione”, affidando alla Commissione dei Sei – rappresentanza di governi e non di Parlamenti – un ruolo che non le compete. “Non può diventare una seconda Corte costituzionale”, ammoniscono Foppa, Rohrer e Oberkofler.

Convivenza e giustizia sociale: luci e ombre

Qualche passo avanti si registra invece sul fronte della convivenza linguistica. I Verdi accolgono con favore la riduzione del requisito di residenza a due anni per l’inserimento nelle liste etniche. “È un progresso che chiedevamo da tempo. Anche un solo anno sarebbe stato sufficiente, considerando che viviamo in un’Europa senza frontiere”.

Positiva anche l’apertura alla presenza in giunta comunale di un rappresentante italiano anche in caso di singola elezione. Ma desta perplessità la doppia variante proposta per la composizione della giunta provinciale: “Così si lascia spazio a incertezze giuridiche e accordi sottobanco. Avremmo preferito una norma chiara per garantire stabilità e trasparenza a ogni inizio legislatura”.

Il dibattito proseguirà nel Consiglio provinciale straordinario, richiesto dalle opposizioni. Ma il giudizio politico dei Verdi è già netto: “Il prezzo pagato per questa riforma è stato altissimo. Troppo alto. E lo confermano le derive antidemocratiche viste in aula in questi mesi”.

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