In un momento storico in cui le parole “inclusione” e “diritti” vengono spesso brandite come vessilli ideologici, il vicepresidente della Giunta provinciale di Bolzano lancia un messaggio netto: la lotta contro le discriminazioni deve essere autentica, coerente e, soprattutto, universale. Non può piegarsi alle logiche del momento o alle simpatie geopolitiche del pubblico.
«Ogni essere umano ha il diritto di vivere la propria identità con dignità e rispetto», afferma in un lungo post che ha fatto rapidamente discutere. Una presa di posizione forte, che si inserisce nel dibattito sollevato da alcune manifestazioni del Südtirol Pride, dove – come già accaduto in altre parti d’Italia – si è assistito a una politicizzazione del corteo con l’esposizione di bandiere palestinesi e il contestuale rifiuto di quella israeliana.
E qui sta il nodo sollevato dal vicepresidente: può un evento che nasce per celebrare la libertà e l’inclusione trasformarsi in uno spazio di esclusione e di parzialità politica?
Israele, sottolinea, è l’unico Paese del Medio Oriente dove si tengono regolarmente Pride e dove le persone LGBTQ+ godono di tutele legali. Negarne la rappresentanza, mentre si sorvola su regimi dove l’omosessualità è punita con la morte, rappresenta per il vicepresidente «una forma subdola di discriminazione travestita da militanza politica».
«Quando si consente a una manifestazione per i diritti di colpire un popolo o un’identità religiosa, si tradisce lo spirito stesso dell’inclusione», scrive. E punta il dito su quello che definisce un “paradosso pericoloso”: l’uso della lotta ai diritti per giustificare discriminazioni verso altri.
Il messaggio è chiaro: non può esistere un Pride che discrimina. Se si difendono i diritti, lo si deve fare per tutti. Non si può scegliere chi ha diritto alla solidarietà in base all’orientamento politico o al contesto internazionale.
Infine, il vicepresidente invita a riportare la discussione sulla concretezza: pensare agli omosessuali impiccati in Iran, ai bambini esclusi a scuola per la loro origine, alle persone con disabilità ignorate nei grandi eventi. È lì che si gioca la vera battaglia: nel quotidiano, non nelle passerelle ideologiche.
«I diritti non si difendono con la voce del conformismo, ma con quella della verità», conclude. E la verità – secondo lui – è una sola: o si combattono tutte le discriminazioni, o non se ne combatte nessuna davvero.